Da quanto ho capito, il giorno dopo la sentenza di annullamento della condanna per l’imprenditore svizzero Schmidheiny, nonché del risarcimento per i famigliari delle vittime, il reato è stato prescritto perché “non si può legare il disastro ambientale alle vittime”.
Davvero? Non si può associare la morte di 2191 lavoratori degli stabilimenti Eternit, vittime del mesotelioma causato dall’esposizione alle fibre di amianto, al disastro ambientale causato dall’azienda stessa? No. Perché è passato troppo tempo. «Non essendo stati contestati gli omicidi, non si può legare il disastro ambientale alle vittime -dice il procuratore generale Francesco Iacoviello-, il disastro è prescritto per la chiusura degli stabilimenti nell’‘86 e pertanto la condanna va annullata». In pratica, “questo tipo di accusa non è sostenuto dal diritto, non è giuridicamente possibile prevedere la permanenza di un reato che causa morti a distanza di parecchi decenni”.
Mi domando allora, il biocidio che dal 1952 e il 2008 ha portato a oltre tremila vittime (tra malati e morti) non è riconducibile all’esposizione dell’amianto? Sì, lo è. E di chi è la responsabilità? Ancora una volta di nessuno. O peggio ancora, Schmidheiny è stato riconosciuto colpevole ma giustizia non è stata fatta perché la legge non prevede una reale tutela dei cittadini in caso di disastri ambientali. I reati ambientali non esistono proprio.
Giustamente sono iniziate manifestazioni, giornate di lutto, cortei, azioni legali e di mobilitazione sociale. E perfortuna! Ma nel frattempo, il numero dei siti contaminati dall’amianto aumenta, come aumentano i casi ambientali legati a contaminazioni o smaltimento rifiuti pericolosi.
Il caso Eternit è uno dei tanti tristi esempi di cattiva normativa ambientale, il problema infatti non è legato solo all’amianto, l’Italia è sommersa da processi incentrati sull’ambiente che rischiano la prescrizione.
È davvero arrivato il momento di dire stop al biocidio e di chiedere un tribunale per i reati ambientali. Chissà che finalmente qualcuno non si inizi ad accorgere che fregarsene e avvelenare l’ambiente non significa solo minacciare l’esistenza di piante e animali, non s’inquinano “solo” i mari, ma anche l’acqua che beviamo, l’aria che respiriamo, i cibi che mangiamo. Significa avvelenare noi stessi, i nostri figli e perfino i figli dei nostri figli.
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